La videoarte nel tempo di Youtube (Pt.1)
Sembra tramontata l’idea di un utilizzo creativo di quella materia grezza che sono le connessioni, che è il web. Eppure la net-art riverbera in certe creazioni che mettono in discussione il mezzo ammiccando allo spauracchio dell’intelligenza artificiale.
Non si tratta più dell’utilizzo delle infrastrutture di trasmissione dati come fulcro della riflessione e del gesto performativo artistico, perché un’esperienza estetica del genere richiederebbe dei passaggi di hacking che l’utente medio non vorrebbe.
Con l’affermazione di piattaforme come Youtube o Soundcloud, le barriere tra artista e pubblico si sono paradossalmente irrigidite e allentate, nel senso che, sì, una forma di espressione video-artistica personale può essere condivisa oltre gli spazi istituzionali del museo, della galleria, dell’esposizione, ma questa esposizione viene filtrata a monte da un sistema che, proprio grazie alla sua estensione, può massimizzare i numeri dell’esposizione stessa.
Le categorie di video che maggiormente possono ambire ad una certa “artisticità” e lontana parentela con le esperienze della net-art sono quelle perturbanti o autoreferenziali.
Il canale youtube Global Worldwide è un esempio di queste esperienze estetiche autoreferenziali, in questo caso al limite del sovraccarico sensoriale. Con frequenza inusuale, i titolari del canale caricano brevissimi video fatti di assemblaggi audio/video apparentemente casuali, dall’aspetto frenetico e vintage.
Il video “perturbante” su Youtube è in genere costruito intorno al non detto, all’incomprensibile come “Blank Room Soup”, in cui due uomini mascherati ne consolano un terzo che piange mangiando una zuppa in una stanza completamente bianca.
Youtube è pieno di video bizzarri e talvolta davvero inspiegabili. Pochi hanno preso sul serio la portata estetica di questa messe artistica. Nessuno se la attribuisce, nessuno le da un nome. Eppure con l’etichetta “creeepy”, “weird” o “unnerving” si trovano liste di questi video nei canali degli youtuber statunitensi, con un discreto numero di visualizzazioni.
Se la videoarte museale è sempre più simile a se stessa e ininfluente nel sistema audiovisivo post-Internet, forse dovrebbe prendere spunto dall’arte anonima della rete.