Tecnologia, equilibrio e adolescenza

La maggior parte di noi riesce, in un modo o nell’altro, a costruire un proprio equilibrio.
Per alcuni di noi si tratta di un equilibrio molto strutturato, fatto di incontri e pratiche quotidiane nelle quali ci si sente a proprio agio e, giorno dopo giorno, agiamo all’interno di questa struttura capace di “contenerci” e farci sentire ben saldo il terreno sotto i piedi. Per altri l’equilibrio è più dinamico e necessita di stimoli diversi che facciano sentire meno pesante la routine.
Nel trovare questo equilibrio, ciascuno di noi utilizza le risorse che l’ambiente gli mette a disposizione, elementi che, per un’altra persona, possono essere invece fattori di destabilizzazione e crisi. Parliamo qui della famiglia, gli amici, il lavoro, i passatempi e, oggigiorno, la tecnologia.
Un momento di crisi inevitabile nella vita delle persone è quello dell’adolescenza: il precedente sistema infantile non può più funzionare e bisogna costruirne uno nuovo. In questo processo, fatto di momenti estremamente “alti” e momenti estremamente “bassi”, la tecnologia gioca un ruolo fondamentale, mutevole e di difficile comprensione.
La costruzione di un’identità adulta, passa oggi attraverso tre dinamiche che non sono presenti in tutti gli adolescenti e in qualcuno possono essere del tutto assenti:
La comunicazione via chat
La costruzione di un profilo su un social network
L’uso di videogiochi
Anche se un ragazzo o ragazza non pratica nessuna di queste tre attività, avrà inevitabilmente un’opinione sul perché non lo mette in atto. In altre parole, anche evitando l’utilizzo delle nuove tecnologie, l’adolescente di oggi si pone in una relazione dialettica con questi mezzi da cui trae un’opinione su di essi che è, in ultima analisi, un’opinione su di sé. Può trattarsi di valori introiettati dai genitori, di un desiderio di distinguersi dagli altri, o semplicemente un senso di oppressione per un limite non deciso autonomamente ma imposto in famiglia.
Come per tutte le cose, l’utilizzo equilibrante dello smartphone o della console rischia di diventare patologico se esso è totalizzante e percepito come indispensabile.
Il senso attribuito dal ragazzo al proprio comportamento è fondamentale per potersi fare un’idea sul potenziale rischio a cui è esposto e per questo va indagato, sia a livello scolastico (mediante temi scritti o discussioni in classe) che, soprattutto, all’interno della famiglia.
Solo attraverso l’accoglienza e la disponibilità all’ascolto si può effettivamente esercitare un’azione educativa riguardo a questi temi, contrariamente a quanto si legge talvolta da parte di “specialisti”, professionisti del presenzialismo televisivo e librario, che disconoscono il valore positivo percepito a favore di visioni misoneiste e anatemi che non fanno che acuire il gap generazionale, incrementando il rischio.